Quando gli uomini vivevano nell’ignoranza e nell’isolamento circoscritti nell’ambito dei loro paesi e ignari di quanto accadeva vicino e lontano, la loro vita si svolgeva tra il problema del pane quotidiano e quello del pane spirituale. Al primo provvedevano come potevano, al secondo provvedevano superstizioni e culti su cui giuravano supinamente per sentito dire, paghi, forse, che altri sapessero ciò che a loro sarebbe costato troppa fatica. Ma a poco a poco le distanze si sono serrate, i mezzi di comunicazione e di telecomunicazione, le guerre intercontinentali, il progresso e la diffusione immane delle scienze, della stampa, della radio e della propaganda, hanno cementato tra loro i popoli ed essi oggi vivono a stretto contatto di gomito. Fatti e avvenimenti un tempo soavemente ignorati, invenzioni e scoperte, drammi e commedie valicano le più lontane frontiere e vengono istantaneamente risaputi in tutti i punti del globo.
Tutto ciò ha portato a uno scambio di interessi, di sofferenze, di cultura e di costumi che ha interferito in senso innovativo e talora rivoluzionario sulla vita morale, civile, politica e religiosa delle masse, promuovendo in esse nuove, profonde esigenze.
Non si sa più a che cosa credere. In nome delle leggi sociali, civili e penali si chiedono restrizioni e limiti da sacrificare sull’ara della convivenza, ma siffatta convivenza non soddisfa più nessuno.
In nome delle leggi morali si forgiano costumi relativi, molto relativi che, variando per latitudine e longitudine, neppure soddisfano nessuno.
Le leggi religiose? Anch’esse differenti, quando non sono le stesse differentemente interpretate, sono osservate solo nella forma, ma non parlano più né al cuore, né alla mente di nessuno. E mentre gli atei rinnegano tutto, i volghi continuano a credere in apparenza, per forza d’inerzia, non persuasi, ma incapaci di persuadersene o di superarle.
E tutto questo perché? Perché oggi più che mai l’uomo è posto di fronte a se stesso. È il proprio enigma che lo assilla e lo sconcerta. Oscuramente nelle turbe, coscientemente nelle élite, si va comprendendo a prezzo di sanguinose rivoluzioni e di orrendi stermini, che la civiltà, ossia la condotta umana nel consorzio della convivenza, non sarà possibile, né stabile e definitiva, se non quando l’uomo avrà squarciato il velo del proprio mistero.
La culla e la tomba: eccone i lembi estremi che gli nascondono il suo destino e ne fanno un infelice, variamente manodotto da mestieranti e profittatori in politica, in religione, in economia, in tutto. Ancora gli si impone la pace coi cannoni, la fede col terrore, l’asservimento civile con un tozzo di pane. No. Non sarà la scienza nucleare, non saranno le armi atomiche, né le contese e le sopraffazioni che gli daranno la pace, quale che sia l’istituto preposto al suo mantenimento; ma solo la scienza di se stesso e cioè la coscienza delle proprie oscurissime origini, delle proprie ignoratissime mete. Soltanto allora, non per fede inculcata, non per ideologia di politicanti, non per asservimento morale e civile, ma per elettiva e consapevole armonia, eccitata dalla coscienza del proprio destino, egli potrà organizzarsi coordinando su questo tutta la sua vita, in una vera, definitiva rivoluzione, che sarà l’alba della sua evoluzione cosciente.
Ma ciò, operato prematuramente da chi avesse l’autorità di farsi credere, come i grandi fondatori di religioni, non produrrebbe, come non ha prodotto in passato, che rivolgimenti provvisori, da servire come spinta, a cui resisterebbe una forza immane di interessi cupidi, di egoismi costituiti, di comode acquisizioni e di ipocrite istituzioni. Distruggere tutto e avanzare? Impossibile: il prezzo è troppo alto e lo dimostra la storia della umanità. Si paga a rate.
Ma non è mai mancato chi per tesoro di personale indipendenza spirituale ne ha pagate parecchie in un’unica soluzione, riscattando così gran parte del suo debito e restando povero, ma felice.
Generoso, allora, e sollecito dell’altrui bene, del vero bene umano, ne ha indicato la via, tra lo scetticismo spesso interessato, lo scherno ignorante, la derisione, il vilipendio e il sacrificio.
Ma la fiaccola, spento lui, è passata tra mani altrettanto tenaci. Forse non è neppure una fiaccola, è appena un debole lume, al cui chiarore, pensosi e solitari, con cuore trepido, i predestinati hanno teso la mano verso i lembi di quel velo che ricopre il mistero del “nosce te ipsum”.
Hahajah
UN COMMENTO DI HAHAJAH