CATECHISMO DELLA PRIMA MAGIA

(Dagli insegnamenti di kremmerz)
(A cura di Eiael)

Chi vuol pervenire deve tacere, ma tacendo deve operare.

Operare è agire.

Si agisce sulle cose apparentemente inanimate e sugli esseri animati visibili ed invisibili per mezzo di tre fattori:

1. della volontà;

2. della scienza;

3. dell’equilibrio.

I RITI E LA VOLONTÀ

I

I riti sono per il discepolo, come gli strumenti magici, la chiave di ogni magia che si sviluppa; quindi i riti, contro tutti gli ignoranti si ribellano, non sono che i più potenti aiuti per educare la volontà e dirigerla, per sostituire la scienza in coloro che non l’hanno, per generare l’equilibrio negli uomini soggetti alle passioni.

Intere storie religiose si mantengono in piedi pei riti sapienti di cui spesso, spessissimo, i sacerdoti hanno perduta la chiave. Abolite, in questo stato di coscienza sacerdotale, i riti e avrete distrutta la religione.

Il rito e la formula rituale non obbediscono magicamente alla personalità cosciente esteriore dell’operatore, ma all’individuo cosciente intimo, ovvero alla coscienza occulta dell’individuo integrale.

Se tra la coscienza occulta e la normale non esiste omogeneità, l’effetto del rito, pur essendo sicuro contributo alla catena della Schola, molte volte è in perfetta contraddizione coi desideri espressi dal praticante.

In magia la pratica di un rito è per se stessa un arcano, perché colui che lo compie deve volere; e sempre in magia il significato ermetico della parola volontà non è quello che umanamente si intende.

Da qui molti equivoci, molte disperazioni, moltissimi errori. L’esercizio umano della volontà è sotto il dominio specifico della passione impulsiva che assume spesso la forma del ragionamento logico: così pare che quando umanamente vogliamo una cosa siamo tutti noi stessi che la vogliamo, mentre è solo la coscienza relativa e più bassa che si è ubriacata.

La volontà ha veramente un valore potenziale magico o quando è espressione preponderante della coscienza occulta in noi, o quando la personalità esteriore è d’accordo con l’individuo occulto che è in noi.

In chi agisce magicamente avviene lo stesso che si riscontra nei medi, nei quali lo stato di trance, quando è profondo, mette in evidenza spesso una personalità occulta in perfetta contraddizione con la palese.

L’integrazione dell’uomo comincia quando la personalità cosciente combacia con la coscienza dell’uomo occulto e storico.

Chi non capisce questo è inutile che si metta a fare saggi di magia, perché è destinato ad un insuccesso.

Una pratica di magia differisce dalla preghiera religiosa in questo appunto: che la prima deve fondare il suo potere volitivo sulla volontà intima ed alimentare il valore dell’immaginazione (imago, cioè in-mago); mentre la seconda parte dalla coscienza esteriore che ha fede in ciò che è più in alto e non vede.

Educare la volontà è dirigerla, sostituire la scienza è generare: l’equilibrio attivo non si ottiene senza il metodo magico.

Regnum regnare docet: operare è imparare agendo. Si va alla guerra prima da coscritti e poi da veterani, ma quando si è veterani, si possono mostrare le ferite da coscritto.

LA VOLONTÀ E IL DESIDERIO

II

Per iniziarsi alla pratica della magia, bisogna determinare bene la volontà nel suo fine.

Volere e saper volere è un gran secreto.

Chi vuole e non sa volere non è un mago, né lo diventerà mai.

Volere non è desiderare.

Il desiderio uccide il volere: basta per distruggere ogni opera di magia un desiderio senza volontà.

LA VOLONTÀ E L’INVOCAZIONE

III

L’angelo della volontà è Ariel, forza o volontà, perché la più potente forza è la volontà dell’uomo che sappia quel che vuole.

Senza ripetermi io dico al mio discepolo: se vuoi attirare a te la forza invoca ed evoca Ariel e l’angelo te la porta.

Invocare è chiamare in sé.

Evocare è chiamare a sé.

Tutte le cose chiamate vengono. Orfeo faceva muovere le montagne suonando la sua lira.

Bisogna diventare un piccolo Orfeo per attirare a sé gli atomi invisibili della forza generante, che è la Vita Universale.

ARIEL È LA VOLONTÀ-ANIMA

IV

Questa vita dell’universo è composta di materie sensibili e di etere. Ma anche l’etere è materia. Dunque la vita è materia.

L’azione vibratoria di questa materia è l’intelligenza in moto o volontà attiva, che come risultanza della materia in vibrazione è materia-anima.

Ariel, come tutti gli angeli, come tutti gli spiriti, come tutto ciò che è, deve considerarsi sotto ogni aspetto sensibile anche nelle intuizioni ultranormali della mentalità umana.

Invocate Ariel se volete diventar forti.

Ariel viene all’appello del debole ad aiutarlo in ogni opera giusta.

Davide si trova di fronte al Gigante Golia. Jeova gli manda Ariel. La pietra colpisce il gigante; ma la causa era giusta nel concetto integrale della fase israelitica, diversamente Ariel alla chiamata avrebbe fatto orecchi di mercante o sarebbe diventato un demonio ed avrebbe ingannato il fanciullo audace.

Tutto questo vuol dire che Ariel non dà la sua forza che agli uomini giusti. Non aiuta che le cause giuste.

Quindi, per invocare il dio della forza bisogna sentire o meglio identificarsi con la giustizia divina.

Con questo desiderio ammonire coloro che credono di poter disporre di spiriti invisibili o visibili solo per saziare le cupidigie immonde. Per attirare gli angeli bisogna avere la giustizia di Dio, diversamente gli esseri alati come aquila non vengono. L’ho detto ripetute volte.

LA VOLONTÀ E LE PAROLE

V

Per invocare efficacemente, vi sono riti e scongiuri. I latini li chiamavano carmina, gli ebrei salmi, gli italiani incanti.

Le vibrazioni che mettono in movimento l’etere del mondo della materia sottilissima sono ritmiche per loro natura.

La matematica sublime contiene le chiavi delle serie e dei rapporti tra le vibrazioni generate dalla volontà e la ripercussione dell’atto volitivo dell’etere sul mondo sensibile e visibile.

Le parole sono articolazioni di note musicali, emesse dalla bocca, specie di tromba il cui suono viene modulato a volontà. Ogni nota, rispondendo ad una sillaba o a una lettera, ha un valore vibratorio sull’etere. L’arte oratoria e la drammatica e il canto sono fondati sulla teoria di suoni, quando a questa non coincida l’armonia delle sue idee. Le parole sensibilmente agiscono, come tutti i suoni, sull’apparato auditivo delle persone sensibili.

Ma non basta.

Certi suoni, emessi in modo speciale, agiscono potentemente sulla psiche umana come la calamita sul ferro. Le esperienze dei suoni sulle sonnambule che cadono in catalessi sono antiche. Nei teatri, masse enormi di spettatori si sentono trascinate da una nota emessa con voce potente e dolce. Nell’esercito prima di una battaglia poche parole dette da un duce decidono sull’esito di essa.

Dunque la parola o il suono ritmico ha un’azione energica e sensibile sulle cose vive. Il canto della nonna addormenta il bambino nella culla, il bambino che non ha ancora risvegliate idee antiche e portate da sue precedenti esistenze in retaggio e su cui il canto agisce meccanicamente.

Dunque la parola è una forza.

Ariel è o può essere invocato per le parole potenti.

LA VOLONTÀ E GLI SCONGIURI

VI

Queste parole potenti sono canti ed emissioni di articolazioni di volontà.

Animate o no da idee concrete, queste parole sono tanto più potenti per quanto hanno di magnetismo fissatovi dagli altri operatori e per quanto rispondono coi suoni alle idee che si vogliono risvegliare.

I salmi degli ebrei sono magici. Ma in ebraico hanno maggior valore dei latini e bisogna avere la chiave per adoperarli; ma più dei salmi, le imprecazioni e gli esorcismi e gli incantesimi della magia egizia e caldeo-siria sono più potenti, perché pronunziandoli o cantandoli si risvegliano non solo le idee dei precedenti nella zona astrale, ma si richiamano a vitalizzarli gli spiriti di cinquanta e più secoli di operatori, che meccanicamente le hanno ripetute.

Perciò questi incantesimi non si danno che solo a chi sa meritarli, perché sono forze per se stesse già vitalizzate attivamente al punto che gli effetti sono rapidi e precisi, a differenza delle preghiere entrate nella liturgia cattolica (i salmi) che hanno un valore relativo per la diversa maniera con la quale sono state usate.

Se un mago ti dice che con una parola pose in fuga dei ladri, credigli perché è possibile. Se un operatore in magia diabolica ti dice di aver posseduta una donna parlandole la prima volta, credigli perché è possibile.

Certe parole che non si ripetono invano sono il patrimonio di rarissimi uomini che ne perdono la facoltà se ne abusano, perché essi le hanno apprese direttamente nel cielo di Eà e ognuna di esse contiene in sintesi un atto di creazione in germe. Guai a chi le parole non le pronunzia in tempo in modo da fare abortire il germe vitale della creazione!

I carmi dei soliti rituali e grimoires sono roba da poco. Gli incantesimi non si dicono quando le persone le odono con le orecchie del corpo fisico e si lanciano come tante frecce a distanza o vicino sul corpo mentale delle cose o degli esseri che si evocano.

In magia non parlare significa anche non dire parole inutili.

Il mago, parlando, deve operare.

Parlando si guarisce, si consola, si salva o si uccide.

Il mistero della parola e dei suoni in magia è profondo.

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